Mai capitato di essere attratto da un argomento, di sentire dentro tante idee e pensieri a riguardo, di percepire che hai tanto da dire e dare…ma, nei fatti, non sai da dove partire? Non sai nemmeno come mettere ordine, cosa mettere prima e cosa dopo…cosa tenere e cosa no. O ancor meglio, cosa esprime bene ciò che hai dentro tu, di personale e unico, senza scadere nel ripetere concetti di altri o argomentare senza personalità, senza identità.
Quando ho accolto la proposta di mia moglie di scrivere “qualcosa” su questo argomento, ho iniziato a pensarci su, senza fretta, lasciando che le domande emergessero.
Innanzitutto mi sono chiesto “L’ossitocina…cos’è? Che funzione ha? Da dove prende origine?“
Da fisioterapista e grande appassionato del corpo umano…dovrei saperlo, no? Dai su! Tira fuori! Eppure, appunto, tante cose, confuse…facciamo ordine.
Prendo fuori alcuni libri e appunti, li metto davanti a me con calma. Inizio a sfogliare e ad ascoltare le risonanze interiori, il mio vissuto a riguardo.
Leggendo “Psiconeuroendocrinoimmunologia” di Francesco Bottaccioli la mia attenzione si ferma su questo:
“Le aree cerebrali che producono ossitocina sono sensibili alla stimolazione sensoriale. Una sovrapproduzione di ossitocina si ha, nel maschio e nella femmina, durante un rapporto sessuale: raggiunge il massimo durante l’orgasmo, stimolando le contrazioni degli organi sessuali e inducendo nel cervello la liberazione di dopamina, che procura la nota sensazione di piacere. […]
Ma anche quando riceviamo carezze da una persona amica oppure un massaggio da un professionista si produce in noi, e anche in chi accarezza o massaggia, un aumento di ossitocina, che causa un abbassamento della pressione arteriosa e in generale dello stress.“
Eccolo. Il lampo. Ciò che cercavo. Quel concetto che ero certo di avere dentro, in qualche mia stanza interiore, e che aveva bisogno soltanto di essere svegliato. Anzi, ancora di più. Proprio quell’esperienza personale che tenevo tanto potesse trovare spazio, sbocco. Ed è la seguente.
Negli ultimi anni di lavoro, incontrando persone con disturbi, dolori o problematiche di vario genere, ho iniziato a sentire in me una voce, che ha trovato sempre più spiragli nel continuo contatto con le storie personali che trovavo davanti a me.
Una voce che poteva racchiudere tutto: ciò che conta è toccare e il sentirsi toccati.
Si, perché quello che dice Bottaccioli è vero: in ogni trattamento, toccando, qualcosa cambiava, sempre, in me e nel “mio” paziente. Smuoveva emozioni, cambiava la temperatura corporea, modificava intensità o velocità della voce, provocava sorrisi o rompeva all’istante il ghiaccio (più che comprensibile) iniziale. Anche quando non era il primo trattamento e già ci si “conosceva”.
E con questa osservazione, che si è ripetuta nel tempo, è comparsa man mano quella voce interiore.
Perché ho iniziato a notare quante volte il trattamento o il momento di terapia con me veniva cercato per la coccola che rappresentava, più che per un problema reale di salute che richiedeva per forza un intervento in quel preciso momento.
La seduta di fisioterapia diventava (non per tutti, si intenda) il momento del sentirsi ascoltati, accolti…toccati.
Questo, per me, poteva essere da un lato un motivo di gratificazione per come stavo lavorando…però prevaleva, in sottofondo, quell’imbarazzo, quel sentirsi un po’ fuori luogo, dovendo molto spesso chiedere alle persone di spogliarsi senza essere prima riusciti ad avere un dialogo aperto. Tante domande si sono affacciate alla finestra della mia coscienza, di uomo, di professionista, di marito, di padre.
Che potenza comunicativa ha il corpo?
Come posso chiedere alle persone di spogliarsi davanti a me…quando lo spogliarsi è un atto così intimo da non riuscire a farlo forse nemmeno con sé stessi, davanti allo specchio?
Che relazione ci deve essere, prima di arrivare lì?
Che intimità?
E chi sono io per averla, con queste persone?
Chi sono per queste persone?
E quando non ci sono?
Da chi si può sentir toccata questa persona? Il mio compito è educare al tocco, non fare del mio un tocco insostituibile, “magico”…ossitocico.
O almeno, un tocco non per tutti. No? Con chi sono chiamato a condividere la mia vita, la mia intimità, il mio essere più profondo? Con chi sono chiamato a spogliarmi e lasciarmi spogliare, oltre che con me stesso?
Ho intrecciato, così, questa esperienza con quella del marito e del padre che sono. Nel fidanzamento come nel matrimonio, fuori dalla gravidanza come durante, in preparazione al parto come durante, nei primi attimi con i miei figli come in quelli attuali…ciò che ha fatto e continua a fare la differenza è, in effetti, toccare e sentirsi toccati. Non ci piove, si torna lì.
Nell’intimità con mia moglie, che ci siano attese o meno, la vera benzina, per entrambi, ha sempre avuto il nome di contatto fisico, di tenerezza, di carezza, di abbraccio.
Ho potuto fare il focus proprio sul fatto che l’esperienza emotiva e sensoriale che stavo sperimentando con i pazienti, e loro con me, tramite il tocco, era un raggio dello stesso arcobaleno che vivevo con lei! Con l’unica e sostanziale differenza che con lei potevo vivere fino all’ultimo raggio, fino all’esplosione, fino al fare l’amore, con picco dell’ossitocina…mentre con le altre persone no. L’imbarazzo nasceva da lì.
E così, sono arrivato a ulteriori domande
Allora perché non concentrare le proprie energie lavorative e paterne in questa espressione?
Perché non trasmettere questa importanza vivendola innanzitutto in prima persona?
Perché non insegnare al tocco ancor più che toccare in prima persona?
Dove voglio arrivare? Qui. Cioè che grazie a tutto questo percorso, posso testimoniare che non c’è nulla di più potente, avvolgente, totalizzante…ossitocico, come il contatto fisico tra l’uomo e la donna! Nella coppia, che resti coppia o che si stia aprendo alla triade o più, si è chiamati a darsi la vita, a darsi vita vicendevolmente. L’uomo è la ricarica per la donna e viceversa, l’uomo è l’eletto per la donna e viceversa, l’amore si alimenta tramite il corpo! Il corpo è il mezzo per eccellenza per dimostrarsi amore, per dire anche ciò che il cuore tace, per aprire quelle porte che nessuna chiave riesce ad aprire. Ci è stato dato per un motivo. Sfruttiamolo, soprattutto tramite quel senso che nell’utero si sviluppa per primo: il tatto!
Se stiamo cercando la “coccola” dal professionista o dall’amica o dal calcetto o dalla cena sfiziosa al tal ristorante…chiediamoci se stiamo soddisfacendo un fisiologico bisogno o se stiamo cercando di colmare quella coccola che manca in coppia. Io, personalmente, potrei fare una lista piena di queste compensazioni…ed è proprio grazie a questa lista che posso parlare così, scrivere così! Come tutte le coppie, anche la mia, mia e di mia moglie, ha le sue pecche…ma è proprio tramite la consapevolezza di esse, anziché mascherarle, che possiamo vivere ogni giorno una sfumatura in più del nostro arcobaleno di intimità! Proprio grazie al riconoscersi fragili e bisognosi di questa famigerata ossitocina…ci ha fatto mettere in cammino per convertirci e cercarla, nella verità!
E, ricordiamoci una cosa: si, l’atto sessuale è l’apice, è la sfumatura più bella del nostro arcobaleno, è ciò che racchiude tutto, è ciò che più di tutto esprime il donarsi totalmente all’altro/a. È il top, come diciamo oggi. E l’ossitocina vola. Niente di più meraviglioso in natura, io credo! Ma. Non ci si arriva senza gli altri raggi, senza le altre sfumature. Il fare l’amore è il coronamento di un’intimità risolta, riuscita, sana…che si nutre di sguardi, di parole, di attenzioni…che diventano carezze, abbracci, baci…e tutti quei gesti corporei e sensoriali che solo la coppia sa, nella propria unicità e preziosità! Il top non lo si forza, lo si costruisce.
Non sempre si potrà fare l’amore, non sempre si vorrà, non sempre si è ben disposti…le coppie lo sanno e pure meglio i genitori, in atto o potenziali…e allora, ossitocina in vacanza? No, se coloriamo con sapienza l’arcobaleno. No, se ci ricordiamo che ciò che conta è toccare e sentirsi toccati! E il top, verrà da sé!
Buon cammino!
Ps: dimenticavo! I figli, che siano appena nati o già in via di saluti, ringrazieranno per questa intimità curata nella coppia. Ciò che in coppia ci doniamo riusciamo a ridonarlo a loro. E se questo dono è il contatto fisico, il prenderli in braccio, il portarli stretti a sé, il massaggiarli, lo stare al loro fianco fisicamente…è quella base sicura che li aiuterà nell’autonomia. Ancor più, è ciò che li aiuta fin da subito nella costruzione del proprio schema corporeo, nel riconoscere il proprio limite e anche la propria espressività, emotività e consapevolezza.
La loro casa siamo noi, le loro mura le nostre mani.
Lele
Emanuele, uno sguardo nuovo su un argomento sul quale sembra ci sia detti tutto… Beh ti ringrazio come donna. A volte si sente di dare poco al proprio marito, o di dare di meno se non si è in perfetta sintonia, queste parole smontano tante false convinzioni. . Grazie. Il Signore vi benedica, vi custodisca in questo momento, un nuovo spazio per voi. Sono felice di avervi incontrato. Un abbraccio speciale a Marianna.