È qualche giorno che rifletto su un argomento, tanto discusso e che mi ha toccato personalmente la coscienza più e più volte.
I poveri.
Innanzitutto, solitamente, si parte con “chi sono i poveri“. C’è la povertà materiale, quella spirituale, quella culturale, quella affettiva…e chi più ne ha più ne metta, perché la povertà è davvero dietro ogni angolo e può davvero assumere miliardi di nomi, in base a esperienze e incontri personali.
Poi ci si potrebbe chiedere “dove trovo i poveri” oppure “quanti ce ne sono dove abito io” oppure “quali realtà esistono a servizio loro“.
Ed è qui che (sempre solitamente) si potrebbe arrivare alla domandona: “come posso aiutarli io personalmente?“.
C’è chi ci potrebbe arrivare perché vorrebbe fare semplicemente volontariato.
Chi perché vorrebbe essere più solidale.
Chi perché non disdegna la posizione sociale di benefattore e, perché no, se ne compiace pure, facendosi un po’ vedere.
E anche qui, chi più ne ha più ne metta. Io, nella mia esperienza, onestamente l’ho fatto un po’ con tutte queste motivazioni.
Il volontariato è una cosa buona: lo faccio, perché no? La solidarietà pure. E poi…sarei sicuramente ben visto…il mio status di bravo ragazzo cristiano “acquisterebbe punti”.
Non mi vergogno a dirlo. È stato così. Ed è proprio ammettendo queste cose a me stesso che in realtà, sotto sotto, quella che non era a posto riguardo all’argomento, o meglio, davanti alle persone che mi mostravano povertà…era la mia coscienza.
Mi sentivo molto provocato da certe parole di Gesù.
Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Mt 6, 1-2
E quando ti senti provocato così…è la coscienza che parla. Standoci dentro, pian piano, ho proprio capito che la vera ragione per cui sceglievo se andare o meno alla casa della carità o fare l’animatore con i bambini o a portare il pane alle famiglie bisognose con la Caritas (esperienze che consiglio a chiunque, veramente!)…era il non essere a posto con la coscienza.
Poi, certo, se ho continuato per tanto tempo, è perché sicuramente vedevo che nutriva me e nutriva chi stava con me. Senza dubbio. Il piacere nel farlo c’era. Però, alla lunga, pesava di più “la morale” e rischiava comunque di sfociare in un piacere egoistico. E lo capivo perché spesso finivo per giudicare inferiore a me chi si faceva bellamente gli affaracci suoi. Era una sorta di gara, in fondo in fondo.
Sapevo di avere più di loro. Più dei “poveri”. Materialmente, spiritualmente, culturalmente…qualsiasi cosa. Perciò non era giusto che io avessi di più. Punto.
Logico. Sensato. Onorevole. Ma non per forza cristiano. Non c’è bisogno di essere cristiani per far del bene. Lo può fare chiunque, a volte anche molto meglio.
E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
Mt 21, 31
E allora, oggi, con questo articolo dove voglio arrivare? A darvi la notiziona: queste esperienze non mi hanno affatto sistemato la coscienza. E infatti ho smesso a poco a poco di farle, non perché non fossero più cose buone (ripeto, le consiglio a chiunque!)…ma perché accorgendomi che ci andavo per quella ragione, una volta sperimentato che non veniva esaudita…non ho più trovato nutrimento io e non davo veramente nutrimento al povero che incontravo.
Anzi. Continuavo a sentirmi sempre più un gran bel fariseo, maestrino e con la pretesa di essere d’aiuto.
C’era qualcosa che non andava.
E così arrivo qui, con le ultime riflessioni di questi giorni, ma soprattutto con la chicca del Signore che mi ha spinto a scrivere queste righe.
La seconda lettura di ieri, ultima Domenica d’Avvento.
Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice:
Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato.
Eb 10, 5
Proprio il versetto che dà il nome a questo progetto che stiamo portando avanti, grazie a Dio e a tutti voi!
Perché grazie a “Un corpo mi hai dato” e al cammino che ci sta facendo fare come famiglia, ho una piccola risposta in più:
Il punto non è chiedersi chi sono i poveri, dove li incontro e come li aiuto. Non è arrabattarsi per fare mille cose buone ed essere più solidale. Non è credere di poter salvare la vita a qualcuno nè di sentirsi a posto in coscienza per averlo fatto.
Il vero punto è che mi è stato dato un corpo con il quale VIVERE la povertà! Qualsiasi essa sia!
Non conta aiutare i poveri, conta essere povero!
Solo dopo che incarno una certa povertà, un passare da una porta stretta, un vivere il dolore e la sofferenza, un toccare cosa significa non saper come fare per arrivare a fine mese, un non potersi permettere un paio di scarpe in più, un essere deriso, umiliato ed escluso…potrò poi essere d’aiuto a chi ha fame, a chi non ha i vestiti, a chi non ha amici, a chi piange.
Lo potrò fare non perché è bene aiutare, dall’alto del mio agio…ma perché ci sono passato.
Perché ho un corpo con il quale ho vissuto quella roba lì. Non perché è bene fare “sacrifici e offerte”.
E infatti, Cristo stesso, ci lascia queste parole.
Cristo stesso salva il mondo non con le parole, ma con la morte in croce. Non ci viene in aiuto con la solidarietà o l’impegno onorevole…ma scegliendo di passare con il proprio corpo da quella morte lì.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini.
Fil 2, 5-7
Pur essendo Dio, ha scelto di scendere.
Pur essendo ricco, ha scelto di spogliarsi.
Avendo un corpo, ha scelto di consumarlo per amore. Di soffrire in prima persona. Di subire in prima persona. Di avere fame in prima persona. Di essere bisognoso in prima persona.
Di morire in prima persona.
E allora Cristo salva i poveri perché si è fatto uno di loro. Il suo corpo lo racconta.
E per questo è credibile. Come ogni testimonianza, è credibile dal momento che ci ha fatto vedere e toccare con mano che…è morto e risorto non per scherzo! E San Tommaso ce lo insegna…
O se vogliamo stare in tema Natale…ci farà vedere e toccare con mano, tra qualche giorno, di nuovo, che è nato davvero e si è incarnato in un corpo come il nostro…davvero.
E allora io, oggi, come mi rispondo? Che non ero a posto di coscienza perché sbagliavo punto di vista, prospettiva, senso…o ancora meglio, sbagliavo il punto di partenza.
Prima di prodigarmi e immolarmi per la fame nel mondo…so dire “un corpo mi hai preparato” per essere affamato di Dio?
So farmi bisognoso per primo e poi chiedere a Lui la Grazia di ridonare al prossimo quanto ricevuto?
So consumarmi per amore prima di pensare di donarlo in giro?
Un bambino non saprà toccare, aiutare, amare…se prima non è stato toccato, aiutato, amato.
Infatti Cristo nasce bambino.
Il corpo è la via.
E, se ci pensiamo bene, a quale associazione di beneficenza doniamo più facilmente qualcosa di nostro? O a quale povero guardiamo più facilmente? O a quale persona riusciamo ad offrire davvero una parte di noi e un vero aiuto?
Là dove il nostro cuore è toccato. Là dove vediamo una povertà che abbiamo sperimentato. Là dove la nostra sensibilità è più alta.
Poi…la carità va anche oltre, grazie a Dio! Ma l’occhio casca maggiormente dove sta il cuore!
Un povero mi crederà se prima dalla sua porta ci sono passato. Mi ascolterà se prima ho saputo gridare come lui. Accoglierà la mia mano tesa se prima ho saputo chiederla.
Tutto passa per il nostro corpo. Tutto passa per il corpo degli altri. Tutto passa per il Corpo di Cristo.
Da prima di essere famiglia fino ad ora, io e mia moglie, e poi con i bimbi, abbiamo sicuramente attraversato varie povertà. E sono state immense Grazie che mi hanno portato a scrivere queste cose, a sentirmi un pelino più vicino a poveri che abbiamo guardato negli occhi. A essere un pelino più povero.
E oggi siamo di nuovo immersi in questa incarnazione.
Ma di crostini da mangiare…ce ne sono ancora tanti. Dio mi/ci guardi dal sentirci arrivati!
Buon cammino a noi!
Pregate, preghiamo!
Lele